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COMPORTAMENTO DELL'INGHILTERRA, DELLA FRANCIA E DELL'AUSTRIA NEI CONFRONTI DELL'ITALIA DURANTE IL 1848

Storia



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COMPORTAMENTO DELL'INGHILTERRA, DELLA FRANCIA E DELL'AUSTRIA NEI CONFRONTI DELL'ITALIA DURANTE IL 1848

La storia (sia quella ufficiale che quella romanzata) dei moti popolari e delle guerre risorgimentali spesso attribuisce a nazioni straniere, i cui interessi gravitavano nel Mediterraneo, meriti di simpatia e di aiuti a beneficio degli abitanti della penisola italiana, quasi che dette na­zioni fossero state governate da benefici arcangeli deside­rosi di elargire libertÀ e felicitÀ agli altri popoli, senza secondi fini e senza egoismi. La veritÀ È ben diversa.



Tutti i governi dei popoli gravitanti, per i loro inte­ressi, nel Mediterraneo, furono contrari o favorevoli al­l'Italia solo per giovare politicamente e finanziariamente a loro stessi. Talvolta potÈ verificarsi il caso che la loro politica coincidesse con quella seguita e desiderata dagli Italiani. A volte invece, sia durante il periodo risorgi­mentale, come durante la guerra 1915-18 e gli anni im­mediatamente seguenti (per fermarci volutamente a tale periodo), accadde che gli interessi loro non coincidessero affatto con i nostri, con tutte le dolorose conseguenze che purtroppo ne derivarono.

Bisogna insomma riconoscere che, se È molto difficile imbattersi in animi generosi e altruistici nella cronaca giornaliera della nostra vita, È assolutamente impossibile trovare altruismo e generositÀ negli uomini politici di qualsiasi epoca e di qualsiasi continente, in modo parti­colare durante periodi di accesa politica o addirittura di rivoluzioni e di guerre.

CiÃ’ premesso, vediamo quale sia stato il comporta­mento dell'Inghilterra e della Francia negli anni nei quali ebbero inizio i moti e le guerre del Risorgimento italiano.

Fin dal 1830, quando ebbe luogo la conquista dell'Al­geria da parte della Francia, l'Inghilterra si allarmÃ’ e a mezzo di Wellington fece sapere che: « l'interesse bri­tannico era quello di mantenere senza mutamento la situazione nel Mediterraneo » e quindi di non potere approvare l'allargamento della potenza francese.

Come conseguenza di questo atteggiamento inglese si arrivÃ’, poco alla volta, alla cessazione dell'intesa giÀ esi­stente tra Francia e Inghilterra, sorta quasi spontanea­mente dopo il 1813 per fronteggiare le Potenze della Santa Alleanza. Anzi la Gran Bretagna, sotto la guida del ministro Palmerston, incominciÃ’ ad esplicare una politica perfettamente avversa alla Francia, cosa che si rincrudÃŒ quando i Francesi allargarono la loro azione militare in Africa estendendola al Marocco. Il ministro Palmerston attaccava quindi violentemente in Parlamento il collega ministro Peel Aberdeen perché questi voleva riprendere una politica d'intesa con la Francia.

In questa situazione dato che l'Austria e la Francia si fronteggiavano ostilmente, poiché l'Austria temeva un'a­zione francese per scavalcare le Alpi occidentali attestan­dosi nella Val Padana, e la Francia vedeva di cattivo oc­chio il possesso della Val Padana da parte dell'Austria, l'Inghilterra aveva fiancheggiato l'Austria essendo questo il suo interesse data la sua inimicizia verso la Francia.

CosÌ dopo i moti liberali del 1820 a Napoli e quelli che seguirono in Piemonte nel 1821, l'intervento armato austriaco sia a Napoli che a Torino era stato appoggiato dall'Inghilterra.

E cosÃŒ pure nel 1831, in contrasto con la tesi francese del « non intervento » circa i moti nei Ducati e nelle Romagne, l'Inghilterra appoggiÃ’ l'Austria, e la Francia non si mosse in aiuto degli Italiani.

Nel 1840 il Metternich, ministro austriaco, dichiarÃ’ esplicitamente che in caso di guerra provocata dalla Fran­cia, l'Inghilterra era stata incaricata di vegliare sulla sicu­rezza di tutti gli Stati italiani e di garantirli contro ogni attacco. Ossia l'Inghilterra aveva l'incarico di fare da car­ceriere e da boia ai nostri martiri in favore dei loro op­pressori.

Il ministro Francesco Thiers, appunto in vista della eventualitÀ di una guerra, fece sondare le intenzioni di vari Governi italiani e dovette constatare che la intesa Anglo-Austriaca era bene accetta e saldissima.

Solo a Napoli gli approcci francesi trovarono terreno favorevole; e ciÃ’ perché Re Ferdinando II era ancora sotto l'irritazione, sia per l'atto di forza compiuto a suo danno dall'Inghilterra quando quella impose il proprio monopolio sugli zolfi siciliani, e sia per il mancato aiuto dell'Austria in tale occasione; cosa questa che conferma il fatto dell'intesa anglo-austriaca operante contro gli Italiani.

Ma nel 1846 la situazione cambiÃ’ e l'accordo anglo­austriaco negli affari italiani si ruppe e il governo inglese sotto la guida di Palmerston incominciÃ’ a lavorare contro l'Austria per scalzare la sua influenza nella penisola.

Infatti Lord Palmerston non solo approvÃ’ pubblica­mente l'indirizzo riformatore liberale assunto da Pio IX, ma quando l'Austria occupÃ’ Ferrara che faceva parte de­gli Stati Pontiflci, facendo poi delle intimazioni al Re di Sardegna, espresse il suo biasimo verso l'Austria dichia­rando che l'Inghilterra non avrebbe potuto tollerare altri attentati austriaci all'indipendenza dello Stato Pontifiicio e dello Stato Sardo.

All'inizio del 1848, la crisi politica italiana, avviandosi verso lo stato acuto con le conseguenti concessioni poli­tiche a Napoli, a Torino, a Firenze e a Roma, s'intensi­ficÃ’ l'azione antiaustriaca del governo britannico e il mi­nistro austriaco Metternich era furibondo per l'azione in­glese, alla quale faceva risalire la responsabilitÀ dei rivol­gimenti italiani.

Nei riguardi perÃ’ dell'insurrezione siciliana, mentre il governo francese avrebbe voluto intervenire a favore di Ferdinando II, l'azione inglese era diretta invece ad assi­curare all'isola la situazione creatasi a suo tempo con la concessione della costituzione del 1812.

All'ambasciatore francese, che chiedeva di essergli com­pagno di mediazione verso Ferdinando II, Lord Palmer­ston rispondeva esplicitamente: « In Sicilia la Francia e l'Inghilterra hanno interessi di ordine molto diverso ». E i Francesi ben capirono che l'Inghilterra voleva prepa­rarsi in Sicilia una posizione privilegiata dal punto di vista della padronanza del mar Mediterraneo.

Naturalmente, come conseguenza di tale orientamento britannico, si manifestÃ’ un riavvicinamento austro-fran­cese suggellato da uno scritto col quale la Francia si im­pegnava ad appoggiare l'Austria nella politica italiana.

L'Inghilterra, quindi, sostenendo i movimenti liberali, mirava a diminuire l'influenza francese nella penisola, a vantaggio della propria.

PerÃ’ quando nelle giornate del febbraio 1848 in Fran­cia fu abbattuto il regime conservatore di Luigi Filippo, sostituendolo con una repubblica che si presentava agita-trice e promotrice di movimenti rivoluzionari in tutta Europa, allora parve all'Inghilterra che venendosi a di-

struggere l'influenza e la dominazione dell'Austria nella penisola, sarebbe aumentata nella stessa l'influenza fran­cese. In conseguenza di ciÃ’ l'atteggiamento, sempre pret­tamente egoistico dell'Inghilterra, mutÃ’ radicalmente al punto che lo stesso Lord Palmerston, che fino al febbraio 1848 si era rivelato infaticabile nel promuovere il movi­mento liberale italiano, nel marzo e nell'aprile si mise ad operare con tutti i mezzi per limitare ed arrestare lo sviluppo di quel movimento mirante all'abbattimento del­la potenza austriaca.

Quindi il governo liberale inglese assunse una politica conservatrice, moderatrice, diretta a sopire e spegnere qualsiasi incendio politico d'origine francese.

Per tale ragione, nella penisola italiana, secondo gli In­glesi, bisognava opporsi al movimento liberale sostenendo invece i vecchi principi di conservazione, unico baluardo contro l'influenza francese in Italia evitando cosÃŒ una guer­ra piemontese contro l'Austria onde impedire qualsiasi ingrandimento francese verso la Liguria e verso le Alpi.

Nel caso poi che la piega degli avvenimenti rendesse inevitabile una guerra piemontese contro l'Austria, oc­correva fare in modo che detta guerra portasse alla for­mazione di uno Stato subalpino capace di difendere la propria indipendenza, ossia capace anche di opporsi all'e­spansionismo francese. Questo alternarsi di direttive britanniche portÃ’ Lord Palmerston a riprendere, nella penisola, la politica di so­stanziale fiancheggiamento dell'Austria e ben chiaramente e pubblicamente dichiarÃ’ che: « in ogni evento, noi non possiamo desiderare di veder l'Austria disfatta e la Fran­cia ingrandita ».

E quindi Lord Palmerston non solo tentava di dissua­dere Carlo Alberto dall'idea di una guerra, prospettando­gliene la gravita e i pericoli, ma suggeriva anche a Torino l'idea di un accordo fra il Piemonte e l'Austria ( dopoché

l'Austria avesse concesso riforme nel Lombardo-Veneto ) per una lega capace di fronteggiare e di respingere l'even­tuale tentativo di invasione rivoluzionaria francese al di qua delle Alpi.

Quando poi allo scoppio dell'insurrezione di Milano, si delineÃ’ la tendenza bellicosa di Carlo Alberto, il rap­presentante britannico a Torino, Abercromby, consigliÃ’ il Re di Sardegna a conservare la piÙ stretta neutralitÀ, prospettandogli i pericoli derivanti dall'affrontare una potenza quale l'Austria e la responsabilitÀ in cui sarebbe incorso, di fronte all'Europa, col farsi aggressore e tur­bare la pace del continente.

Scoppiata la guerra gli sforzi del governo britannico tesero a limitarne la durata e l'estensione.

A tale scopo l'Inghilterra iniziava anche una serie di pressioni a Napoli per distogliere Ferdinando II dall'idea di cedere agli incitamenti provenienti da varie parti af­finchÈ partecipasse al conflitto.

Verso la fine del marzo 1848, Lord Napier ambascia­tore inglese a Napoli si sforzava di evitare una rottura fra il Governo napoletano e l'ambasciatore austriaco e poneva ostacoli all'arruolamento di volontari per la cam­pagna di Lombardia contro l'Austria, mentre Lord Mint, inviato straordinario britannico presso il Governo di Fer­dinando II, lo invitava ad osservare e rispettare i trattati del 1815 firmati da tutti gli Stati partecipanti alla Santa Alleanza e quindi a non prendere un atteggiamento ostile alle direttive e agli interessi austriaci.

Vedremo poi in un altro capitolo come si sviluppÃ’ l'atteggiamento francese e quello inglese durante la pri­ma guerra d'indipendenza fino alla catastrofe di Novara.

Lo scrivente crede che quanto È stato finora esposto giÀ possa dare una chiara idea circa l'atteggiamento sem­pre e naturalmente egoista ed interessato degli Stati stra­nieri nei confronti dell'Italia e della sua evoluzione. Durante le guerre risorgimentali e nelle due grandi guerre di questo secolo, sia gli alleati che i nemici, qua­lunque lingua parlassero, hanno sempre pensato di usarci come semplici pedine, contenendo i nostri diritti, quando erano nostri alleati, e colpendoli duramente e ciecamente e magari a loro stesso danno, quando eravamo nel campo opposto. Un solo statista italiano ebbe sempre la visione chiara e precisa di quanto sopra esposto. E tale statista È stato Camillo Benso di Cavour. Lui, rappresentante di uno staterello piccolo per popo­lazione e per potenza economica, seppe entrare nel gioco delle grandi potenze da pari a pari utilizzando le simpatie e le antipatie e gli interessi altrui, con una finezza ed una eleganza veramente insuperabili.

Purtroppo Cavour potÈ cominciare a dirigere la poli­tica piemontese solo dopo il 1848 e, disgraziatamente per noi, morÃŒ ancora giovane, mentre la sua opera per le fortune d'Italia, avrebbe dovuto continuare almeno per altri venti anni.



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